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DEPOSTO IL FARDELLO INUTILE



Parto da una constatazione che mi addolora. In pieno tempo di coronavirus avviene una spettacolarizzazione della preghiera che non trovo aggettivo adeguato per definire. Colgo l'evidente e crescente divaricazione tra religione e fede nei mille luoghi dei media. Si tratta di una storia lunghissima, che oggi 27 marzo ha trovato espressione di insuperabile insipienza.

Infatti, tutte le volte che compare un quadro antropologico di sofferenza, la chiesa cattolica e quelle fondamentaliste spingono sul pedale della preghiera. Si tratta di una operazione in cui la religione ufficiale, anziché valorizzare le risorse delle scienze umane, approfitta della situazione per inoculare e diffondere pratiche superstiziose che facilmente catturano le persone sconvolte e colpite dalla sofferenza.

Riguardo a questa spettacolarizzazione mi viene spontaneo il riferimento a due testi biblici.

Matteo 6,5-6 recita testualmente: «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini... Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto.. Così pure mi ha sempre colpito il testo del profeta Ezechiele che al capitolo 10 versetto 18 allude «al volo dei cherubini che portano fuori dal santuario la gloria del Signore».

sentirmi in adorazione del mistero si è articolato in una vera disciplina del silenzio

Credo che l'esperienza religiosa, per essere a servizio della fede, non debba ritirarsi in uno spiritualismo intimistico, ma debba passare attraverso la conversione della testimonianza personale e comunitaria. Ci vuole una radicale rivoluzione perché il tempio si metta a servizio della fede. È stupenda al riguardo la pagina di Ezechiele 47,1-12.

La Bibbia ebraica conosce in Isaia 1,17 un messaggio perentorio: «I vostri noviluni e le vostre feste io detesto... Quando stendete le mani, io distolgo lo sguardo da voi.. .».

Gesù è nato a questa scuola. Per questo ha preso le distanze dalla preghiera-spettacolo. Il suo secondo passo si vede dentro tutta la storia di Gesù: egli prega da solo Dio, secondo la tradizione ebraica più genuina.


In questo contesto storico, attraversato da manipolazioni gerarchiche e da messaggi profetici, ho cercato, con discernimento e confronto, un mio itinerario personale di preghiera di cristiano adulto. Tutto ciò è avvenuto in un continuo confronto comunitario, ma anche cercando di fare i conti con le scienze umane, in un atteggiamento di accoglienza e discernimento.

Per me pregare è stata ed è un'esperienza che accompagna tutti i giorni della mia vita, specialmente da quando, dopo aver ricevuto l'unzione degli infermi il 5 luglio del 1961, trascorsi 23 mesi di silenzio in una solitaria camera di sanatorio.

Mi sento da molti anni "discepolo di quel Mosè" che si toglie i sandali dai piedi (Esodo 3,5) per ascoltare la voce che viene dal roveto ardente.

Per me questo sentirmi in adorazione del mistero si è articolato in una vera disciplina del silenzio, in frequentazione assidua dei Salmi, studio e lettura biblica personale e comunitaria con gli occhi aperti a tante esperienze provenienti da territori molto diversi, religiosi e non.

La visione delle nuove scienze, alle quali cerco di essere attento anche a livello di studio, costituisce per me un incremento del sentiero della meraviglia che mi conduce all'adorazione del mistero. Dio non cessa di essere per me Altro dalla realtà, ma tutta la realtà mi parla della sua presenza amorosa, sorgiva, liberatrice. Per dirla con il teologo D. Bonhoeffer: «Non posso più vedere Dio senza il mondo né il mondo senza Dio». Questo non è per me un bel teorema o una bella formula, ma costituisce la mia pratica quotidiana, specialmente nelle relazioni tra persone e nel mio guardare il panorama dei viventi.

Il Dio che mi fa la grazia è sparito, come è radicalmente cancellato, con una ablatio totale, il vasto mondo delle devozioni, del "madonnismo", del suffragio, della messa come sacrificio espiatorio. Davvero ho deposto il fardello inutile.


Dio non cessa di essere per me Altro dalla realtà, ma tutta la realtà mi parla della sua presenza amorosa, sorgiva, liberatrice

Il mio impegno teologico e pastorale ha tentato di esprimere la fatica e la bellezza di un percorso impegnativo per una fede felice e liberatoria. Porto in me una grande speranza perché incontro molti uomini e molte donne che cercano in "esilio ecclesiastico" i percorsi per liberare la loro vita dalle prigioni dogmatiche. In questa stagione della mia vita scopro sempre di più la presenza nascosta di Dio (Isaia 45,15 — il Dio che gioca a nascondersi). La bellezza del cercarlo nell'infinità della natura, nel sentirlo sopra, dentro e con noi, mi fa davvero vivere. Il mio vocabolario salmodico si arricchisce sempre di più delle parole e delle emozioni con cui, uomini e donne di tutte le culture, sentono e cantano il nome di Dio.

Dio con me e per me diventa sempre di più l'amore totalmente inclusivo e lo trovo, nella Bibbia e nel mondo, nelle relazioni e nella solitudine, tutte le volte che non chiudo la porta e mi faccio prigioniero di me stesso.

Non posso nascondere che nei momenti di gioia, come nei momenti di dolore, ho sempre cercato di andare alla ricerca della sua presenza, ma strada facendo l'ho sempre trovato che mi precedeva. Spesso quando prego vivo uno dei momenti più appassionanti della mia vita e gusto fino alle ossa la gioia del suo abbraccio. Poi, tutto sommato, so che qualche volta, come dicevo, è un Dio che si fa cercare. Anche questo è il bello di una relazione e la meraviglia del mistero.


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