Il 06 Aprile 2021, a Tubinga, ha lasciato la vita terrena per entrare nella sua pienezza il teologo Hans Küng.
Nasce a Sursee il 19 marzo1928 è stato un teologo, presbitero e saggista svizzero. Oltre ad essersi dedicato allo studio della storia delle religioni, in particolare quelle abramitiche, Küng è noto internazionalmente soprattutto per le sue posizioni in campo teologico (rifiuta il dogma dell'infallibilità papale) e morale, spesso critiche verso la dottrina della Chiesa cattolica. Sebbene nel 1979 fosse stato costretto a lasciare la facoltà cattolica, aveva continuato a lavorare come professore emerito di teologia ecumenica all'Università di Tubinga.
Nel voler ricordare la sua figura riportiamo qui un brano tratto dal suo libro "Ciò che credo" edito da Rizzoli nel 2011. In questo brano si racchiude l'ermeneutica della sua fede e della sua ricerca con la quale ha cercato di aiutare chi voleva fare un percorso serio di cammino cristiano.
IL MODELLO CRISTIANO
Come molti cattolici nati in epoca preconciliare, anch’io sono cresciuto nella tradizionale immagine di Cristo della professione di fede, dei concili di età ellenistica e dei mosaici bizantini: Gesù Cristo in trono come «Figlio di Dio», «Salvatore» umano e prima, per i giovani, «Cristo Re». Nelle lezioni di catechismo imparavamo una serie di formule dogmatiche, senza capirle: Gesù Cristo era la «seconda persona della Santissima Trinità», «una persona divina in due nature», una umana e l’altra divina. A Roma seguii per un intero semestre lezioni sulla «cristologia», con tutte le eresie contro le quali si erano pronunciati i concili e con tutte le risposte alle difficoltà che allora come oggi caratterizzano l’argomento. È vero che, per fortuna, passai senza problemi l’esame di latino (non proprio facile, in effetti), ma che dire della mia spiritualità? Quella era una cosa diversa, che rimase insoddisfatta. Per lungo tempo mi interessò di più la geniale teologia paolina, mentre i Vangeli mi sembravano troppo familiari e piuttosto noiosi. La figura di Gesù Cristo divenne più interessante solo quando, dopo gli anni romani, grazie alla moderna scienza biblica potei conoscerla come figura storica reale. Lo studio approfondito della letteratura esegetica cattolica ed evangelica, che conducevo per le mie lezioni, seminari e pubblicazioni, era alimentato dalla mia enorme febbre di sapere nei riguardi di questo Gesù «sconosciuto». L’essenza del cristianesimo, infatti, non è nulla di astratto e dogmatico, non è una dottrina generale, bensì, da sempre, un figura storica vivente: Gesù di Nazaret. Così, nel corso degli anni ho ricostruito i profilo straordinario del Nazareno sulla base della ricchissima ricerca biblica degli ultimi duecento anni, ho riflettuto a lungo su tutto con la partecipazione di chi ha a cuore una causa, ho motivato con precisione le mie affermazioni, presentandole in modo sistematico. Ciò che mi ha dato la spinta per farlo è stata un’esperienza ben precisa: la stesura del mio libro La Chiesa (1967). Mi sono reso conto che parlavo di continuo di «Gesù Cristo», ma non sapevo dare una risposta precisa alla domanda su cosa voleva, cosa diceva, cosa faceva questo Gesù. Ho approfondito i miei interrogativi al Congresso internazionale di teologia di Bruxelles (1970) cercando, nella mia relazione, di rispondere alla domanda elementare: Che cos’è il messaggio cristiano?. E infine ho presentato un quadro completo dell’annuncio, del comportamento e della sorte di Gesù nel mio libro "Essere cristiani" (1974), che era stato progettato per occupare poche pagine e ha finito per diventare un grosso volume. Nell’insieme è stata un’impresa estremamente appassionante, ho perfino predicato sull’intero Vangelo di Marco, dal primo all’ultimo versetto, e in seguito anche sul Discorso della montagna. Da allora so di cosa parlo quando dico in modo molto elementare: il modello di vita cristiano è semplicemente questo Gesù di Nazaret, in quanto Messia, Christés, Unto e Inviato. Gesù Cristo è il fondamento dell’autentica spiritualità cristiana. Un modello provocatorio per il nostro rapporto con il prossimo e con Dio stesso, che divenne criterio e orientamento per milioni di uomini in tutto il mondo. Chi è dunque un cristiano? Non colui che dice solo «Signore, Signore» e professa una fede «fondamentalista», non importa se d’impronta biblicistico-protestante, autoritaristico-cattolico-romana o tradizionalista ortodosso-orientale, bensì piuttosto chi s’impegna, sul suo cammino di vita (e ogni persona ne ha uno), a prendere questo Gesù Cristo come punto di riferimento a cui orientarsi. Di più non è richiesto. Raramente ho avuto chiara l’idea di che cosa sia l’autentica spiritualità cristiana, come dopo aver celebrato la messa negli slums di San Salvador, nella chiesa in cui fu assassinato l’arcivescovo Òscar Romero, impegnato in prima persona nella difesa dei diritti del suo popolo. Gli spararono il 24 marzo 1980, mentre si trovava davanti all’altare. In quel luogo, mentre giravamo la serie La ricerca delle tracce sul cristianesimo, ho ricordato anche il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, che militò nella resistenza (fu giustiziato dai nazisti nel 1945), Martin Luther King, che si batté per i diritti civili della sua gente (assassinato nel 1968) e il prete polacco Jerzy Popieluszko (ucciso dai servizi segreti polacchi nel 1984). Hanno mostrato a me e al mondo che chi ha una spiritualità di questo tipo non teme una morte violenta. Anche la mia vita, che come quella di molti altri non è così drammatica, con i suoi alti e bassi, anche la mia lealtà e la mia critica alla Chiesa si possono comprendere soltanto a partire da qui. La mia critica alla Chiesa nasce proprio dalla discrepanza esistente tra quello che fu il Gesù storico, tra il suo annuncio, la sua vita, la sua battaglia, la sua sofferenza, e quello che rappresenta oggi la gerarchia della Chiesa. Questa discrepanza è aumentata in modo spesso insopportabile. Gesù che celebra una messa pontificale in San Pietro? O che prega con il presidente George W. Bush e il papa alla Casa Bianca? Impensabile. Qualcuno come il Grande Inquisitore di Dostoevskij gli chiederebbe: perché sei tornato e sei venuto a disturbarci? Di conseguenza, la cosa più urgente e liberatoria per la nostra spiritualità cristiana è non tanto orientarci dal punto teologico e pratico alle formulazioni dogmatiche tradizionali e alle norme giuridiche della Chiesa, ma molto di più alla figura straordinaria che ha dato il suo nome al cristianesimo. Certo, la si può riconoscere solo superando il «sudicio fossato della storia» (Lessing), ma solo così la si può vedere sempre in un nuovo contesto. Il criterio per orientarsi non deve però essere una figura immaginaria, ma il Gesù vero, quello della storia, che possiamo conoscere, nonostante alcune leggende e inesattezze storiche, leggendo il Nuovo Testamento.
(brano tratto da "Ciò che credo" di Hans Küng ed. Rizzoli)
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