“Chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Gv 3,36).
Dio ci ama così “estremamente” che si arrabbia con noi per il nostro bene! Dio è sia il Dio dell’amore che il Dio dell’ira: il suo amore contiene anche l’ira. Non 2 volti di Dio (Marcione) ma 1 solo buono.... ma con dentro “anche” l’ira.
Ma è così ? Tale lettura esegetica a mio avviso è insufficiente. Giuseppe Barbaglio, tra i tanti autori, avrebbe mostrato le sue critiche. Ma non solo lui: Nicolò Cusano nel cap. VI de “De Visione Dei” ha delle bellissime pagine su questo tema.
Anche su questo aspetto il post-teismo è trasgressivo. L’ira non è un aspetto “in Dio” ma è l’esito o conseguenza del rifiuto dell’amore di Dio “nell’uomo”. Non è l’amore che si arrabbia, non è la luce che si oscura ed è tenebra, proprio perché in Dio non ci sono tenebre; in Dio non c’è alcuna ira. Tenebra ed ira sono l’umana risposta al rifiuto di Dio. Sono dette e predicate di Dio in senso obliquo come quando dico la mia ombra nel momento in cui il sole mi illumina di giorno. Io non ho un ombra ma nel momento in cui c’è il sole appare la mia ombra. Così diciamo l’ira di Dio nel momento in cui l’uomo rifiuta Dio. Dio non ha alcuna ira ma nel momento in cui c’è il peccato appare il rifiuto di Dio (genitivo oggettivo). Non è Dio che mi rifiuta (il suo rifiuto: genitivo soggettivo) ma sono io che lo rifiuto. Per evidenziare che tale rifiuto di Dio (gen. oggettivo) è negazione della luce e del bene, Giovanni e Paolo usano il termine “ira di Dio”. Ma è in senso obliquo o indiretto, così come quando parliamo di Dio che muore in croce o che soffre per noi. Dio nella sua natura né muore né soffre, ma è l’umanità (assunta da Dio) che muore e soffre. Così Dio nella sua natura né si arrabbia né si adira, ma è l’uomo, che rifiutando Dio, entra nell’ira di Dio: pura metafora del peccato.
(tratto dal profilo Facebook di don Paolo Gamberini
Blog di Paolo Gamberini - "ApertaMente"
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