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RIFLESSIONI SULLA STORICITA' DELLA RISURREZIONE

Aggiornamento: 10 mag 2021


Il fondamento del messaggio cristiano? di Vito Mancuso



Volendo delineare «quale importanza abbia per il messaggio cristiano nel suo insieme la fede nella risurrezione di Gesù Cristo», Benedetto XVI afferma: «Ne è il fondamento». E prosegue: «La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti». La risurrezione costituisce quindi il centro della fede cristiana, l'articulus stantis aut cadentis fidei, e in questo Ratzinger si ritrova in compagnia di molti altri teologi cristiani contemporanei, sia cattolici sia protestanti. Tra i primi cito Walter Kasper: «La comunità primitiva risponde alla questione della verità della sua fede con il messaggio della risurrezione di Gesù operata da Dio»; tra i secondi Hans Conzelmann: «Il contenuto totale della fede è determinato dalle apparizioni del Risorto».

Ma questa affermazione della centralità della risurrezione è sempre stata tale? A leggere con attenzione il Catechismo si scopre che la tradizione cattolica non ha le idee molto chiare. L'autorevole testo magisteriale afferma dapprima la centralità dell'incarnazione: «La fede nella reale Incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana» (art. 463, con citazione di Giovanni 4,2: «Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio»). Poi privilegia la morte di croce: «La sua Passione redentrice è la ragion d'essere della sua Incarnazione» (art. 607), finalizzando quindi l'incarnazione alla passione e morte. Infine proclama che il centro è la risurrezione: «La Risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo» (art. 638). Qual è quindi l'evento decisivo: l'incarnazione, la croce o la risurrezione?

Il Catechismo non fa che rispecchiare l'incertezza al riguardo della tradizione, già a partire dal Nuovo Testamento. Qui l'apostolo Paolo in alcuni passi insiste sulla croce (cfr. Romani 5,8-11), in altri sulla risurrezione (cfr. ICorinzi 15,14), mentre l'apostolo Giovanni sottolinea piuttosto il primato dell'incarnazione (Giovanni 20,31), ovvero l'identità di Gesù, il fatto che egli sia il Figlio di Dio, mentre gli eventi da lui vissuti, morte e risurrezione compresa, sono piuttosto funzionali alla sua identità. Se poi si guarda allo sviluppo storico del cristianesimo, emerge che il suo centro, ben lungi dall'essere la risurrezione, è la croce, è essa il simbolo per eccellenza del cristianesimo. Dalla tradizione l'evento redentivo vero e proprio è stato sempre identificato nella croce, mentre la risurrezione veniva piuttosto considerata l'attestazione dell'avvenuta redenzione, il sigillo posto da Dio sull'opera portata a termine dal Figlio, e per questo nella teologia manualistica la risurrezione era trattata perlopiù a livello apologetico, come prova della divinità di Gesù e del favore che la sua morte aveva incontrato presso il Padre, mentre giocava un ruolo marginale a livello di cristologia e di soteriologia: si consideri che su 609 quaestiones della Stimma theologiae di Tommaso d'Aquino solo 4 vengono dedicate alla risurrezione (19 all'incarnazione, 7 alla passione-morte-sepoltura; se delle rispettive questioni si contano gli articoli abbiamo 123 articoli per l'incarnazione, 52 per la passione-morte-sepoltura, 16 per la risurrezione). E solo nel 1950 con l'opera di Francois-Xavier Durrwell, La résurrection de Jesus mystère de salut, che nella teologia cattolica si è giunti a sottolineare il valore salvifico della risurrezione di Gesù.

Insomma la centralità della risurrezione oggi diffusamente affermata non è per nulla un dato tradizionale.

Ovviamente c'è anche chi sostiene che non sia lecita questa separazione di incarnazione, morte e risurrezione, le quali sarebbero un unico evento da leggersi in modo unitario, e questo non è certo il luogo di approfondire la questione. Qui mi limito a constatare che la tradizione cristiana non ha avuto molte esitazioni a operare la separazione tra i tre eventi, o privilegiando l'incarnazione, come nel caso dei Padri della Chiesa greci che concepivano la salvezza come divinizzazione (theosis), o privilegiando la croce, come nel caso dei Padri della Chiesa latini e soprattutto dei teologi scolastici che concepivano la salvezza come redenzione. Mai comunque privilegiando la risurrezione.


Analisi delle apparizioni: domande come funghi

Al di là delle perplessità sopra delineate, qui assumo quanto il cristianesimo contemporaneo nella sua maggioranza dice di sé, cioè che il proprio fondamento consiste nella risurrezione di Gesù dai morti. Visto che il fondamento di una religione storica dovrebbe essere storico al massimo grado, la risurrezione, fondamento del cristianesimo, dovrebbe risultare dotata di storicità nel senso più compiuto del termine.

Ma le cose stanno davvero così?

Anzitutto occorre dire che il NT non presenta mai una descrizione della risurrezione di Gesù come se si trattasse di un evento visibile da tutti, al contrario dei Vangeli apocrifi nei quali è possibile incontrare scene come la seguente: «Di buon mattino, allo spuntare del sabato, da Gerusalemme e dai dintorni venne una folla per vedere la tomba sigillata. Ma durante la notte nella quale spuntava il giorno del Signore, mentre i soldati montavano la guardia a turno, due a due, risuonò in cielo una gran voce, videro aprirsi i cieli e scendere di lassù uomini, in un grande splendore, e avvicinarsi alla tomba. La pietra che era stata appoggiata alla porta rotolò via da sé e si pose a lato, si aprì il sepolcro e vi entrarono i due giovani. A questa vista quei soldati svegliarono il centurione e gli anziani, anch'essi, infatti, stavano di guardia; e mentre spiegavano loro quanto avevano visto, scorgono ancora tre uomini uscire dal sepolcro: i due reggevano l'altro ed erano seguiti da una croce; la testa dei due giungeva al cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli. Udirono dai cieli una voce che diceva: "Hai tu predicato ai dormienti?". E dalla croce si udì la risposta: "Sì!"».

Testi di questo tipo, dal sapore così cronachistico e così desiderosi di descrivere l'evento quale sarebbe effettivamente accaduto, nel NT non ce ne sono. Il NT piuttosto presuppone la risurrezione presentandone gli effetti, per la precisione alcune apparizioni del Risorto ad alcuni pochi privilegiati, dei quali la prima è senza dubbio Maria Maddalena, detta anche Maria di Màgdala (attestata da tutte le fonti, tranne san Paolo che neppure la nomina). Non è quindi possibile avere fede nella risurrezione di Gesù se non fidandosi del racconto di quei pochi privilegiati testimoni. Si tratta di una mediazione imprescindibile che vale per gli stessi evangelisti, i quali a loro volta si basavano sulla testimonianza dei pochi privilegiati che «hanno visto». La discussione sulla risurrezione deve quindi partire dall'analisi dei racconti delle apparizioni.

Come siamo messi a questo proposito quanto ad affidabilità storica?

Delle apparizioni Benedetto XVI ha scritto così: «Dobbiamo constatare che questa testimonianza, considerata dal punto di vista storico, si presenta a noi in una forma particolarmente complessa, così da sollevare molte domande». Il papa ha ragione. A leggere con attenzione le fonti evangeliche che parlano delle apparizioni del Risorto i problemi nascono come funghi dopo una giornata di pioggia abbondante.


Testimonianze di parte

La prima osservazione è che le apparizioni sono di parte, nel senso che tutti i destinatari erano già discepoli di Gesù. La fede si mostra quindi come condizione a priori per il darsi delle apparizioni: senza fede, nessuna apparizione. Ne viene che le apparizioni non rappresentano nessuna prova in senso stretto, perché per essere al cospetto di una prova vera e propria avremmo dovuto avere testimoni neutrali. Se Gesù avesse voluto fornire una prova storica della sua risurrezione, sarebbe apparso pubblicamente a coloro che l'avevano crocifisso, ai soldati, al sinedrio, a Pilato. Lo affermava già il filosofo pagano Celso nel II secolo:

«Se veramente Gesù aveva in animo di rendere manifesto il suo potere divino, avrebbe dovuto apparire a quegli stessi uomini che lo avevano oltraggiato, e a quello che lo aveva condannato, e a tutti quanti gli altri». Al contrario, la testimonianza di coloro che dicono di aver visto il Risorto è pesantemente condizionata in partenza dalla fede personale.


Dati contraddittori sul luogo

La seconda osservazione concerne la confusione dei testi, per non dire la loro contraddittorietà. In base ai cinque testi neotestamentari (i quattro Vangeli + /Corinzi 15) non si riesce infatti ad avere una sequenza che con un po' di precisione stabilisca luogo, destinatari e contenuto delle apparizioni.

Per quanto riguarda il luogo la situazione è la seguente:

- in Matteo 28,10 Gesù dice alle due donne cui appare: «Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Gli Undici obbediscono, vanno in Galilea e Gesù appare loro. Anche Marco 16,7 colloca l'appuntamento del risorto in Galilea.

- in Luca 24,49 Gesù, già apparso ai due di Emmaus e a Simone, dice agli Undici: «Restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto»; l'ordine è di rimanere a Gerusalemme ed è lì che egli è apparso. Si ha quindi la seguente situazione:- Matteo e Marco: Gesù appare in Galilea, al Nord; - Luca: Gesù appare a Gerusalemme, al Sud.

Paolo non nomina nessun luogo. Giovanni invece mette in atto un primo tentativo di concordismo con il presentare le apparizioni come avvenute sia al Nord in Galilea sia al Sud a Gerusalemme. La contraddizione però non si può risolvere con questo spontaneo quanto ingenuo concordismo che dice prima Gerusalemme, poi Galilea, poi infine ancora Gerusalemme, dapprima perché non si capirebbe il senso di questo su e giù, visto che la distanza (da percorrere a piedi) è di oltre 100 chilometri; in secondo luogo e soprattutto perché Gesù nel Vangelo di Luca dice ai discepoli di non muoversi in alcun modo da Gerusalemme prima della discesa dello Spirito Santo («restate in città»), mentre il Gesù di Matteo invia da subito i discepoli in Galilea («andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea, là mi vedranno»). Il Gesù risorto di Luca e il Gesù risorto di Matteo dicono cose opposte. Il primo: «restate». Il secondo: «andate».


Dati contrastanti sui destinatari

Per quanto riguarda i destinatari delle apparizioni, i dati sono i seguenti:

- Matteo: due donne (Maria Maddalena e l'altra Maria) vedono un angelo e poi vedono Gesù. Poi a vedere Gesù è la volta degli Undici in Galilea. Totale destinatari: 13, di cui 2 donne e11 uomini.

- Marco: tre donne (Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo, Salome) vedono un angelo, ma non vedono Gesù, nessuno nel finale autentico del più antico vangelo vede il Risorto. Totale destinatari: 0.

- Luca: tre donne (Maria di Màgdala, Giovanna, Maria madre di Giacomo) vedono due angeli, ma non Gesù.

Gesù appare invece ai due di Emmaus, a Simon Pietro, agli Undici. Totale destinatari: 13, tutti uomini.

- Giovanni: una donna (Maria Maddalena) vede due angeli e poi Gesù con il quale ha anche un dialogo. Poi Gesù appare tre volte ai discepoli: due a Gerusalemme (la prima senza Tommaso, la seconda con Tommaso) e una in Galilea sul lago di Tiberiade. Totale destinatari: 12, di cui una donna e 11 uomini.

- Paolo: i dati di 1 Corinzi 15,5-8 non accennano a luoghi e nominano nell'ordine le seguenti persone destinatarie di un'apparizione: Cefa, Dodici, «più di cinquecento fratelli in una sola volta», Giacomo, tutti gli apostoli, «ultimo tra tutti apparve anche a me». Occorre notare che: non ci sono le donne; c'è una sovrapposizione tra Cefa, Dodici e tutti gli apostoli; ci sono tre destinatari inediti rispetto ai Vangeli, vale a dire gli oltre cinquecento fratelli, Giacomo il fratello di Gesù (il maggiore dei quattro fratelli di Gesù), Paolo stesso.

Totale destinatari: 14 + gli oltre cinquecento «fratelli», tra i quali non è dato sapere se calcolare o no la presenza di donne.

Quale bilancio trarre a questo punto in ordine alla storicità della risurrezione? Che le «molte domande» che Benedetto XVI ha detto sollevarsi quando si interrogano i testi neotestamentari sulla risurrezione dal punto di vista storico sono destinate a rimanere senza risposta.


L'unico dato certo: la fede

La morte per crocifissione di Gesù è un fatto storicamente accertato in quanto attestato anche da fonti extracristiane:

- Talmud: «Lo appesero alla vigilia della pasqua»;

- Flavio Giuseppe: «Per denuncia di quelli che tra noi sono i capi Pilato lo fece crocifiggere»;

- Tacito: «il loro nome derivava da Cristo, che, sotto l'imperatore Tiberio, era stato messo a morte per ordine del procuratore Ponzio Pilato».

Anche l'espansione entusiasta e coraggiosa del cristianesimo primitivo è a sua volta un fatto storico.

Occorre perciò un nesso che colleghi questi due eventi, ben poco coordinabili tra loro, e questo nesso, secondo il NT, è la risurrezione, ovvero, per stare a ciò che è storicamente accertabile, il fatto che i primi cristiani credessero all'evento della risurrezione del crocifisso. Questo ovviamente non prova che la risurrezione sia realmente accaduta; questo prova solo che la fede dei primi discepoli era basata su qualcosa di inaudito, che secondo loro peraltro avrebbe presto interessato tutto il mondo con l'imminente ritorno del Cristo risorto in veste di giudice, come si legge nel più antico documento cristiano databile verso il 49, nel quale Paolo si mostra convinto che «saremo ancora in vita alla venuta del Signore» e che «verremo rapiti [...] nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto» (/Tessalonicesi 4,15 e 17).

Non ci sono dubbi che la risurrezione costituisca l'evento generatore del cristianesimo storico, il Big Bang che l'ha portato a essere un fenomeno di rilevanza mondiale. Senza la fede dei discepoli in un evento considerato risolutorio, il cristianesimo come fenomeno storico non sarebbe sorto. In questo senso va compreso il passo di /Corinzi 15,14: «Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra predicazione, vana la vostra fede». La fede dei primi cristiani, però, non è una prova della storicità dell'evento da essi creduto, così come la fede dei credenti di altre religioni non prova nulla in ordine alla storicità degli eventi creduti. Il fatto per esempio che i musulmani credano nella storicità del volo notturno del Profeta dalla Mecca a Gerusalemme in groppa al cavallo al-Buraq veloce come il lampo, non è un elemento su cui basarsi per affermare la reale storicità dell'evento. Né si può dire che lo sia la rapidissima espansione dell'Islam, molto più rapida di quella del cristianesimo. Allo stesso modo si deve ragionare per la risurrezione. Il fatto che i primi cristiani l'abbiano fermamente creduta non è una prova che sia storicamente avvenuta, né rappresenta una prova il fatto che essi siano passati dal timore al coraggio. E quindi all'interrogativo fondamentale, se la risurrezione di Gesù creduta dai discepoli fosse una loro autosuggestione oppure un evento oggettivo storicamente accaduto, non è possibile dare risposta, perché, rimanendo sul terreno della storia, oltre la fede di quei pochi privilegiati che «hanno visto» non è possibile andare.

 


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