di Maurizio Portaluri
Come sarà possibile per il cristianesimo sopravvivere alla consapevolezza scientifica dell’uomo moderno? I cieli, il paradiso, l’inferno, il diavolo, l’anima, gli angeli, i miracoli, l’assunzione, l’ascensione, la resurrezione come potranno venir considerati nel modo avvenuto sinora da una mente minimamente critica? E’ possibile credere a Gesù nell’età post-religiosa? A queste domande (e l’ultima costituisce proprio il sottotitolo) cerca di rispondere il libro di Gilberto Squizzato, giornalista, autore e regista, “Se il cielo adesso è vuoto” che si pone nel torrente di una riflessione che da molti anni si alimenta di contributi provenienti da oltre Oceano e dal nord Europa e divulgati in Italia da Ferdinando Sudati e Claudia Fanti. Si tratta di John Spong, Roger Lenaers, Maria Lopez Vigil. Gilberto Squizzato non è nuovo su questi temi. Ha già pubblicato altri titoli come Il miracolo superfluo (2010), Il Dio che non è “Dio” (2013), Libera Chiesa (2012) Il libro ripercorre le trasformazioni che la dottrina cristiana nei secoli ha subito assumendo i modelli di pensiero dei tempi e analogamente ritiene legittimo, oltre che necessario, che una inculturazione nel pensiero scientifico del nostro tempo avvenga anche ora. E’ quello che negli anni ’50 cercò di proporre Teilhard de Chardin. Osservo che mentre le inculturazioni del passato sono andate nella direzione della concentrazione del potere (dalla comunità di uguali alla separazione castale) e della progressiva soprannaturalizzazione (dalle qualità umane a quelle divine), l’inculturazione nella modernità richiede un’inversione di direzione e per questo incontra difficoltà ed ostacoli.
Questa fede non teorica ma “prassica”
Partendo dall’influenza della filosofia platonica nella genesi della dottrina cristiana, l’indagine attraversa la nascita dei monoteismi e l’affermarsi del Dio come ci è stato trasmesso, come entità antropomorfa (come immagine umana) che interviene a piacimento nella vita del mondo. Un’affermazione, quella del monoteismo, non priva di sangue e sofferenze se si guarda alla storia stessa di Israele, da Elia a Giosia. Il teismo (una divinità unica, personale, autonoma e separata) caratterizza la prevalente concezione di Dio e con esso lo spostamento in un ambito soprannaturale di tutto ciò che è buono e degno di essere ambito. Da qui la riscoperta e il riaffermarsi nella modernità del valore della laicità e delle cose terrene e carnali, la riscoperta del valore della umanità con tutti i suoi limiti, morte compresa.
Viene descritta la progressiva deriva soprannaturalistica del cristianesimo con la perdita di valore della narrazione di Gesù di Nazareth, disinteressato a proporre una dottrina, una verità teorica, ma orientata a risvegliare la fede, la fiducia, delle persone più sconfortate non in Dio o in lui, ma in se stessa ed in una vita migliore ancora possibile. La fede come forza di opporsi alla dittatura del presente, del potere che discrimina ed emargina. Un discepolato quello a cui Gesù di Nazareth chiama che non è pratica devota o adesione ideologica, ma ripetizione verso gli altri di quell’aiuto a riscattarsi dalla rinuncia e dalla disperazione. Il prototipo del Samaritano, ateo nei confronti del Dio di Gerusalemme e rimediatore dei frutti dell’ingiustizia. Questa fede non teorica ma “prassica” , che si manifesta nelle azioni, produce una serie di novità sia nelle pratiche individuali dei cristiani (ma non si dovrebbe forse meglio chiamarli “gesuani” o “nazareni”?) che in quelle comunitarie. Sul piano individuale si trova la fine del ritualismo e la prevalenza della carità sul precetto che assume un carattere necessariamente politico. Sul piano comunitario il ritorno ad una pratica di fratellanza senza piedistalli dove non c’è più una casta separata dagli altri.
Anche la preghiera si trasforma da orazione rivolta al cielo a ricerca di una coerenza
Anche la preghiera in questo nuovo modello umanizzato e laico si trasforma da da orazione rivolta al cielo a ricerca di una coerenza, nel momento della lotta, con la predilezione dello svantaggiato e della vittima dell’ingiustizia. Il soprannaturale diventa il “più che umano”. E’ un’utopia questa rilettura del cristianesimo con le lenti della nostra mentalità laica? Molti lo penseranno o lo avranno già scritto anche riguardo agli altri pensatori che come Squizzato hanno sviluppato la loro riflessione sul futuro del cristianesimo e delle religioni nel terzo millennio. Un futuro che sembra orientato verso o la mancanza di fede (che secondo la definizione di fede data dall’autore si può verificare benissimo in piena adesione ad una religione se essa è vissuta solo come adesione ad una dottrina senza superamento del proprio dis-umano) oppure la nascita di una fede post religiosa che non si arrende di fronte al male, come non si arrese neppure Gesù di Nazareth per quanto consapevole della morte minacciatagli fin da subito dai rappresentanti del potere. Altri penseranno che questa riflessione nuoccia alla chiesa ed alla fede. Al contrario questo sforzo di laicizzazione ed umanizzazione del cristianesimo è frutto di un forte interesse verso Gesù di Nazareth. Negli anni ’70 per praticare un cristianesimo più evangelico nacquero le comunità di base, ci fu bisogno del dissenso cattolico. Oggi l’uomo e la donna hanno più facilmente e semplicemente la possibilità di girare le spalle ad una religione che colloca Dio nell’alto dei cieli. La riflessione post-religionale vuole affermare che il riferimento a Gesù di Nazareth ha ancora valore per la felicità dell’uomo e il discepolato può essere praticato anche dall’uomo contemporaneo con la sua visione del mondo basata sulla acquisizioni della scienza moderna. Meglio chi accetta una sfida di chi fa finta che non sia cambiato nulla.
Tratto da Manifesto4ottobre blog
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